venerdì 27 marzo 2020

Coronavirus. 1212 è il numero per chiedere aiuti economici per il lavoro informale in Marocco

Il Ministero dell’Economia, delle Finanze e della Riforma dell’amministrazione  del Marocco ha rivelato l’operazione di sostegno temporaneo delle economie domestiche attive nel settore informale, colpite dalla situazione di emergenza sanitaria dichiarata per lottare contro la diffusione della pandemia del nuovo coronavirus (Covid-19).
Infatti, lunedì 23 marzo il Comitato di vigilanza economica (CVE) si è concentrato sulle misure di accompagnamento a favore del settore informale direttamente colpito dal contenimento obbligatorio.
A causa della complessità e della portata della problematica, è stato deciso di affrontarla in due fasi.
In primo luogo, le famiglie beneficiarie del Regime di Assistenza Medica (RAMED) che operano in modo informale e che non hanno più redditi a causa del contenimento obbligatorio, possono beneficiare di un aiuto di sussistenza che sarà erogato dal Fondo Speciale per la gestione del Covid-19, creato  recentemente dal Re Mohammed VI.
L'aiuto è ripartito tra le economie domestiche di due o meno persone (800 dirhm), le famiglie formate da tre a quattro persone (1000 Dirham) e le famiglie di più di quattro persone (1200 Dirham).
L'interessato dovrà inviare il suo numero di carta RAMED via SMS al numero 1212 dal prossimo lunedì mentre la distribuzione degli aiuti finanziari avverrà progressivamente a partire da lunedì 6 aprile.
Nella seconda fase,  per i non-Ramedisti, operanti in modo informale che hanno perso i loro redditi a causa del contenimento, beneficeranno degli stessi importi degli aiuti.
Il numero 1212 serve anche per fornire assistenza alle famiglie e rispondere alle loro eventuali richieste.

lunedì 23 marzo 2020

Marocco. Re Mohammed VI ordina la medicina militare per partecipare alla lotta anticoronavirus

Il Re Mohammed VI del Marocco, Capo supremo e Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate Reali (FAR) ha dato oggi le sue alte Istruzioni al Generale di Corpo d'Armata, Ispettore Generale delle FAR Abdelfettah Louarrak, al Generale di Corpo d'Armata, Comandante della Gendarmeria Reale, Mohamed Haramou, e all'Ispettore del Servizio di Sanità Militare delle FAR, il Generale di Brigata Mohamed Elabbar, affinché la medicina militare partecipi congiuntamente con il suo omologo civile alla delicata missione di lotta contro la pandemia di Covid19.

Inoltre, al fine di superare talune insufficienze constatate in relazione a questa pandemia e facilitare la trasmissione e lo scambio di informazioni tra i diversi servizi interessati, il Sovrano ha dato ordine per dispiegare i mezzi di medicina militare in rafforzamento delle strutture mediche dedicate alla gestione di questa pandemia, sotto forma di personale medico e para-medico delle FAR, a partire da lunedì 23 marzo 2020.

Conformemente alle Alte Istruzioni Reali, anche i Servizi sociali delle FAR e della Gendarmeria Reale saranno mobilitati nell'ambito di questa operazione.

Il Re esorta, infine, in questo contesto particolare i medici civili e militari a lavorare in buona intesa e intelligenza, come hanno sempre fatto, poiché va a vantaggio della salute dei marocchini e degli stranieri che si trovano in Marocco.

mercoledì 18 marzo 2020

Marocco: gruppo Al Mada dona 2 miliardi di Dirham al Fondo per il Coronavirus

Il Consiglio di amministrazione della società marocchina Al Mada, legata alla Casa Reale, ha deciso di versare un contributo finanziario al Fondo speciale per la gestione della pandemia di Covid-19, sotto forma di una donazione di 2 miliardi di dirham (187 milioni di euro). La donazione è tesa a sostenere il decreto che istituisce il Conto del fondo fiduciario volto a far fronte a spese sanitarie eccezionali e a sostenere i settori colpiti dalla crisi. Contribuendo fino a 2 miliardi di dirham, il gruppo Al Mada porta a 12,82 miliardi di dirham (1,13 miliardi di euro) la quantità di donazioni raccolte e destinate ad alimentare il Fondo. 
Nei giorni scorsi il Re Mohammed VI, ha ordinato al governo di Rabat di procedere all’immediata creazione di un fondo speciale dedicato alla gestione della pandemia del Coronavirus. Il fondo, dotato di 10 miliardi di dirham, 940 milioni di euro, sarà riservato all’assunzione delle spese di adeguamento del settore sanitario, in termini di infrastrutture e di mezzi supplementari da acquistare, in caso d’urgenza.
Il fondo servirà inoltre a sostenere l’economia nazionale attraverso una serie di misure che saranno proposte dal governo, in particolare in termini di accompagnamento dei settori vulnerabili agli shock indotti dalla crisi del coronavirus, come il turismo, nonché in materia di salvaguardia dei posti di lavoro e di attenuazione delle ripercussioni sociali di questa crisi.

lunedì 16 marzo 2020

Lotta anticoronavirus. Re Mohammed VI ordina la creazione immediata di un fondo speciale


Il Re Mohammed VI ha dato stasera le sue alte Istruzioni al governo per procedere all’immediata creazione di un fondo speciale dedicato alla gestione della pandemia del Coronavirus.

Il fondo, dotato di 10 miliardi di Dirham, sarà riservato, da un lato, all’assunzione delle spese di adeguamento del dispositivo medico, in termini di infrastrutture adattate e di mezzi supplementari da acquistare, in caso d’urgenza.

Il fondo servirà inoltre a sostenere l’economia nazionale attraverso una serie di misure che saranno proposte dal governo, in particolare in termini di accompagnamento dei settori vulnerabili agli shock indotti dalla crisi del Coronavirus, come il turismo, nonché in materia di salvaguardia dei posti di lavoro e di attenuazione delle ripercussioni sociali di tale crisi.

giovedì 12 marzo 2020

DISPERSI SAHARAWI. ALGERIA E POLISARIO SOTTO PROCESSO AL CDU


L’attivista saharawi Lemaadla Zroug ha svelato mercoledì 11 marzo 2020 a Ginevra davanti al Consiglio dei diritti dell’uomo (CDU) il calvario delle famiglie dei dispersi saharawi nelle prigioni dei separatisti Polisario, nel sud-ovest algerino.
Nel suo intervento alla 43a sessione del CDU, Zroug ha denunciato gli atti di rappresaglia e le punizioni inflitte agli oppositori nei campi di Tindouf, in cui “i dirigenti del Polisario ricorrono sistematicamente agli atti di rapimento, maltrattamento ed esecuzione nei confronti degli oppositori saharawi”, osservando che le milizie dei separatisti sono incoraggiate nelle loro azioni, dalla dittatura che regna in questi campi, tenuto conto del rifiuto del paese ospitante (Algeria) di assumersi le proprie responsabilità giuridiche e morali in violazione delle Carte internazionali.
In questo senso, l’attivista Zroug denuncia il mutismo e la mancanza di reazione delle istanze internazionali, in particolare l’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR), di fronte a questi orribili crimini.
A tale proposito, ha ricordato il caso di suo padre, rapito dalle milizie del gruppo Polisario, alcuni mesi prima della sua nascita, e torturato a morte. Il Polisario continua a rifiutarci di informare la famiglia del luogo in cui è stato sepolto suo padre, ha spiegato.
Tali orribili crimini hanno colpito centinaia di saharawi, ha proseguito, notando che “nonostante gli sforzi compiuti dalle famiglie delle vittime per conoscere la sorte delle persone scomparse, non abbiamo ricevuto alcuna risposta dall’Alto Commissario ai rifugiati, dall’Algeria e dai capi del Polisario, anche se alcuni di questi ultimi hanno riconosciuto di aver commesso questi crimini”.
Allo stesso modo, ha denunciato la complicità e il mutismo di coloro che si autoproclamano difensori dei diritti dei saharawi di fronte a questi crimini, rilevando che questi cosiddetti attivisti dei diritti umani incoraggiano con il loro mutismo le milizie dei separatisti a proseguire, impuniti, i loro gravi crimini e violazioni.
“Le famiglie delle vittime del Polisario ritengono che il silenzio della comunità internazionale su queste violazioni incoraggia i loro autori a persistere nelle loro pratiche criminali e invitano tutte le istanze internazionali ad esercitare pressioni sul paese ospitante ovvero Algeria affinché rispetti i suoi obblighi nei confronti delle popolazioni saharawi sul suo territorio”, ha concluso.


sabato 7 marzo 2020

ALGERIA. OPPOSITORE DEL POLISARIO INTERPELLA ONU SULLA RESPONSABILITÀ D’ALGERIA NELLA REPRESSIONE DEI SAHARAWI A TINDOUF

Alla 43ma sessione del Consiglio dei diritti dell’uomo dell’ONU (CDU) a Ginevra Fadel Breika, in qualità di difensore dei diritti umani nei campi di Tindouf in Algeria e oppositore al gruppo Polisario, ha denunciato la repressione e i gravi abusi perpetrati dalla direzione dei separatisti Polisario contro la popolazione di questi campi sotto la responsabilità dell’Algeria.
Breika sottolineando la responsabilità legale dell’Algeria per le atrocità commesse dai capi dei separatisti e dai servizi segreti algerini contro i saharawi nei campi di Tindouf, ha condannato “il mutismo dei cosiddetti difensori del popolo saharawi sugli abusi e le violazioni perpetrate contro i saharawi” dai capi del Polisario, con la complicità dei servizi di sicurezza algerini, per far tacere, con il fuoco e con il sangue, qualsiasi voce d’opposizione.
Grazie ad una larga mobilitazione internazionale, Breika è stato recentemente liberato dalla prigione del Polisario in Algeria, dove aveva subito per circa cinque mesi, insieme ai due blogger Mahmoud Zedan e Moulay Abba Bouzid, le peggiori sevizie fisiche e psicologiche per aver osato denunciare “le gravi violazioni dei diritti umani e la depravazione dei leader separatisti e il loro sfruttamento della miseria della popolazione dei campi per servire i loro interessi personali”.
“Il mio corpo porta ancora le tracce delle ferite e dei segni di tortura che ho subito negli ultimi cinque mesi del 2019 nelle prigioni segrete gestite dal Polisario, con la benedizione del governo algerino”, ha detto Breika.
L’attivista ha denunciato in particolare “la repressione contro la libertà di opinione e di espressione in questi campi”, sottolineando che “tutte le voci contrarie alla direzione del Polisario sono sistematicamente sottoposte a tortura e a abusi crudeli”, e spiegando d’essere stato rapito, lui e due dei suoi colleghi, il giornalista Mahmoud Zedan e il blogger Moulay Aba Bouzid, da uomini armati del Polisario per il semplice motivo che avevano condannato sui social network le gravi violazioni commesse dai leader del Polisario.
I tre attivisti saharawi, dopo il loro rapimento, sono stati successivamente detenuti in violazione della legge e in luoghi segreti nel deserto, “dove erano sottoposti a diversi tipi di tortura e di abuso”.
“Il mio rapimento è inoltre un atto di vendetta da parte dei servizi di intelligence algerini che hanno partecipato ai miei interrogatori e torture, solo perché ho osato organizzare una manifestazione davanti all’ambasciata algerina a Madrid per chiedere di rendere conto del destino di mio cugino, il professor Khalil Ahmed e uno dei leader del Polisario, sparito dopo il suo rapimento nel 2009 ad opera servizi di intelligence algerini nella capitale algerina”, ha fatto sapere.
Ha inoltre espresso la sua sorpresa per il mutismo “dei cosiddetti difensori dei diritti del popolo saharawi che ingoiano la loro lingua ogni volta che si tratta di violazioni commesse nei campi saharawi dal Polisario e dai servizi algerini, che approfittano dell’assenza meccanismo di ricorso e di protezione e continuano a reprimere ogni voce dissidente o un’opinione diversa”.
Breika ha chiesto al Consiglio dei diritti umani e alla comunità internazionale di esercitare pressioni sull’Algeria affinché si assuma la sua responsabilità legale in quanto paese che ospita la popolazione saharawi a Tindouf.